Meno male che c’è Zagor, in questo mondo di finti Tex

In questi giorni si festeggia il 60esimo anniversario della nascita di Zagor, il mitico personaggio dei fumetti ideato da Gallieno Ferri e Guido Nolitta nel 1961 che, fin dal suo esordio, è protagonista di un dualismo epico con l’altra creatura di successo della Sergio Bonelli Editore, Tex Willer, lanciato nel 1948.

Il mondo degli appassionati di fumetti è letteralmente spaccato in due tra i fan dello Spirito con la scure e quelli dell’Aquila della notte. E io sono schieratissimo con il primo gruppo perché da ragazzo, tra gli anni Settanta e Ottanta, ho acquistato tutti i fumetti di Zagor, nessuno escluso. In questa sezione del blog parlo delle mie ex passioni, e quella per Zagor è stata una delle più grandi. Ancora soffro al ricordo di quel giorno in cui mia madre mi comunicò di aver regalato quasi tutti i miei fumetti (che non leggevo più da anni) ad un mio cugino piccolo (che poi li distrusse) perché occupavano un paio di mobili e non c’era più spazio per metterci niente. Oggi avrei potuto possedere una collezione completa dei numeri originali di quei due decenni, me ne restano purtroppo solo poche copie malandate, ma sono sufficienti a suscitare alcuni dei sentimenti che provavo da ragazzo nell’immergermi in quelle storie.

ancora soffro ricordando il giorno in cui mia madre mi comunicò di aver regalato la mia collezione di zagor a mio cugino, perché non c’era più posto nei mobili.

Da lettore compulsivo, acquistavo anche altri fumetti, dal Corriere dei piccoli a Geppo, da Blek Macigno ad Alan Ford, da Diabolik a Cattivik, da Topolino a Tiramolla, eccetera eccetera.

Qualche volta, leggevo anche Tex. Ma non mi ha mai soddisfatto fino in fondo. Sempre troppo giusto, troppo buono, di quella bontà dura e inflessibile di un tempo, da uomo d’onore. Prevedibile nelle sue scelte. Un bianco texano che sposa una navajo e, contemporaneamente, diventa leader tra i bianchi e tra i pellerossa. Che gli vuoi dire? Bravo, applauso. È certamente la figura che più può rappresentare la filosofia del politicamente corretto che si è affermata nel mondo occidentale negli ultimi vent’anni.

Infatti, Tex, da bianco, tratta bene i pellerossa, ma sempre da una posizione di supremazia. È lui che concede la sua benevolenza, è lui che accogliendo i “diversi” li integra nel suo mondo. Un atteggiamento nobile che parte, però, dall’assunto che i bianchi siano il modello e che i pellerossa debbano sforzarsi di assomigliare a quel modello, che lui ha bene in mente, che è fatto di valori profondi di giustizia, ma condizionati dal suo essere un bianco. Questo forse è dovuto anche all’età del personaggio Tex, nato nel dopoguerra, quando trattare bene un “negro” era già un segno di grande progressismo.

A Zagor, invece, non gliene frega niente dei modelli. I suoi genitori sono stati massacrati dai pellerossa, quindi passa una parte della sua vita ad odiarli e a meditare vendetta, fino a quando scopre che suo padre, ufficiale dell’esercito, era un massacratore di pellerossa, e quindi passa un’altra parte della sua vita ad odiare il padre bianco. Dopo la morte dei genitori, inoltre, Zagor viene allevato da una specie di strambo eremita che vive nei boschi.

Per questo motivo, lo Spirito con la scure non appartiene a nessuno, non vive in gruppo, come Tex, non ha una famiglia da difendere, sa fin da piccolo che le apparenze possono ingannare. E ha imparato che non esiste una realtà oggettiva, ma un punto di vista sulle cose che dipende dal contesto in cui ti trovi. E lui si trova spesso in contesti molto strani perché, a differenza del ranger texano, le cui storie hanno ambientazioni verosimili, non di rado Zagor si trova proiettato nel fantasy e nell’horror, tra fantasmi, zombie ed alieni.

Tex willer non mi ha mai soddisfatto. Sempre troppo giusto, troppo buono, Prevedibile nelle sue scelte. Che gli vuoi dire? Bravo, applauso! Ma che noia!

Tex vive in un contesto di società, sia quando gira da ranger con il suo gruppetto di amici, sia quando torna alla tribù Navajo da capo. E da questi contesti, da queste comunità, dal loro senso di giustizia, viene influenzato.

Zagor, invece, se ne tira fuori. Si è abituato a vivere nella sua foresta immaginaria di Darkwood tra paludi e sabbie mobili e, passando da un albero all’altro appeso ad una liana, come un Tarzan a stelle e strisce, vede le cose dall’alto, dall’esterno, e le giudica con terzietà, secondo un codice morale che ha assemblato da solo, che non tiene conto delle convenienze ma di quello che gli sembra giusto o sbagliato. È come se Zagor, buttato fuori dal mondo da piccolo, suo malgrado, si sia trovato in una situazione di stato di natura ed abbia dovuto darsi delle regole per orientarsi. È come se avesse stipulato un contratto sociale con se stesso e lo rispettasse infischiandosene del giudizio degli altri.

Per questi motivi, Zagor, a differenza di Tex, non è amato, né dai bianchi né dai pellerossa. L’unico che gli vuole veramente bene, e che lui accetta come compagno di viaggio, è Cico, un messicano (quindi, mezzo bianco e mezzo nero) pieno di difetti: basso, ciccione, imbranato, imbroglione, vanaglorioso, fifone, sfigato e prevalentemente dedito a procurarsi da bere e da mangiare, possibilmente a scrocco. Ma simpatico. L’esatto opposto dei compagni di viaggio di Tex (Kit Carson, il figlio Kit Willer, la moglie navajo Lilyth e il fratello di sangue pellerossa Tiger Jack), tutti belli, con i completini appena stirati e i fucili Winchester scintillanti.

L’unico suo vero amico è Cico, un messicano basso e ciccione, imbroglione, vanaglorioso, mangiatore a scrocco. Ma simpatico.

Non è amato Zagor, ma è temuto e rispettato da tutti. Non è amato perché non appartiene a nessuno e non vuole appartenere a nessuno. È temuto perché, quando si incazza e fa ruotare il suo strano tomahawk, è una furia, al punto da apparire un essere dotato quasi di poteri soprannaturali. Ed è rispettato perché, nonostante agisca secondo un suo codice morale, lo fa sempre per difendere la pace tra i popoli, proteggere i deboli e combattere i criminali.

Non c’è dubbio che, in una società ordinata e civile, il modello di Tex sia più funzionale ed utile. Politicamente più accettabile perché rispettoso delle leggi e del contesto sociale. Zagor, calato nel terzo millennio, forse sarebbe un disadattato a cui nessuno dà retta.

Eppure, Tex mi annoiava quarant’anni fa, come mi annoiano i tanti finti Tex che circolano oggi nella politica e nel mondo della comunicazione, che parlano bene, benissimo, ma che, a differenza del ranger, razzolano male. Finti Tex perché sanno che recitare la parte del bianco buono che vuole la pace nel mondo, la società multietnica e un ambiente pulito è necessario per darsi un profilo da progressisti. Peccato che, al dunque, questi propositi restino sempre sulla carta. Perché Tex agisce nel mondo reale, dove le utopie cedono sempre il passo ai compromessi.

Meno male che c’è Zagor, anche se solo in un fumetto, così possiamo sognare che, se un giorno dovessimo essere noi gli indifesi, dall’alto arriverà a salvarci lo Spirito con la scure, con la sua sfavillante blusa rossa smanicata, fottendosene se siamo immigrati su un barcone, capitalisti disperati, bambini che hanno perso la palla o dissidenti rinchiusi, senza motivo, in una prigione. Fottendosene se quello che sta per fare gli conviene, perché nella foresta di Darkwood non conviene mai fare quel che conviene fare.