Niente di meglio di una bionda

In premessa, affermo che il fumo fa male, che questo articolo nuoce gravemente alla salute e che, per i minori di 18 anni, è vietato andare oltre il prossimo punto e a capo.

Tra le mie ex passioni, tema di questa sezione di ExPost, c’è sicuramente quello delle bionde. Non di quelle con capelli vaporosi e gambe affusolate che ti fanno andare a fuoco, ma di quelle che tieni tra le labbra e fanno fumo senza arrosto. Ebbene sì, sono un ex fumatore. Ho smesso da oltre dieci anni, anche se ogni tanto, se un amico me la offre, una sigaretta la fumo volentieri. Non ne fumerò più di una decina all’anno, forse anche meno. Perché appartengo a quella piccola schiera di fortunati che, se anche si concedono una distrazione, non riprendono mai il vizio.

Per qualche anno ho mantenuto l’abitudine di acquistare saltuariamente un pacchetto per un’occasione speciale: il mio compleanno, Natale. A Ferragosto di quattro anni fa ho acquistato il mio ultimo pacchetto e l’ho lasciato in un cassetto della mia casa al mare. Ci ho messo due anni per consumare 19 sigarette, alcune anche offerte agli amici. Ne è rimasta una, da un paio d’anni, chiusa in quel pacchetto, chiuso in quel cassetto. A volte la sogno, ad occhi aperti, ma non la fumerò mai. Piuttosto, me ne faccio offrire un’altra.

Io, poi, ho iniziato a fumare al liceo. E le ho provate tutte le marche, almeno quelle che si vendevano negli anni Ottanta. Ho iniziato con una Milde Sorte offerta da un amico, era leggerina ma tossii. Poi presi il vizio scroccando, di tanto in tanto, le Camel della mia migliore amica, che avevano un pacchetto fantastico, un dromedario nel deserto a cui facevano da sfondo un’oasi e una piramide. La mente viaggiava lontana. E la suggestione era tale che mi indusse ad acquistare un libro la cui copertina era la riproduzione del pacchetto delle Camel, con un picchio al posto del dromedario. Si intitolava “Natura morta con picchio”.

All’epoca, per strada a Napoli c’erano più venditori di sigarette di contrabbando che semafori. Molti miei amici acquistavano le Marlboro morbide di contrabbando. Io preferivo spendere di più dal tabaccaio, dove c’era anche maggiore scelta, e potevo cambiare ogni volta. Le eleganti Chesterfield, le solide Rothmans rosse o blu, le Gauloises (amarucce, ne presi una stecca a Parigi), le mitiche Pall Mall, che chiamavamo schiattabronchi, o le Lucky Strike, che facevano molto marines. Ogni tanto acquistavo quelle alla menta, orribili, ma alle mie amiche piacevano, soprattutto le More, che erano lunghe e con la cartina scura.

Quelle che mi piacevano di più erano le Perkins. Il pacchetto sembrava fatto col tessuto di una cravatta regimental blu lavagna. Fu colpo di fulmine, ma la fabbrica chiuse

Le più toste erano le John Player Special: pacchetto nero con JPS intrecciate in oro, come le auto di formula 1 che lanciarono un giovane Ayrton Senna. Cattive, amare, pesantissime. Mi piacevano molto, ma non si potevano fumare a lungo. Tanti compravano le Ms, che però facevano solo fumo. I più spericolati erano quelli con le Nazionali senza filtro. Le uniche che non ho mai potuto soffrire, però, erano le Merit: il mal di testa partiva al primo tiro. Non amavo nemmeno quelle leggere, le Multifilter, le Muratti o quelle con nomi da donna, tipo Diana, Linda, Kim.

Ma quelle che mi piacevano di più erano le Perkins. Le spacciò un tabaccaio a un mio amico che fumava le Marlboro. Gli disse che erano forti uguale, ma più aromatiche, e che anche lui le fumava. Quando le provai, fu colpo di fulmine. Compravo solo Perkins, ne conservo ancora dei pacchetti vuoti perché erano scicchissimi: su sfondo blu lavagna, erano adagiate fascette colorate oblique. Sembrava la trama di una cravatta regimental. Dopo qualche anno, però, la fabbrica chiuse. La delusione fu tanta. Da quel momento, ho acquistato solo Marlboro rosse dure Monital.

Le sigarette più buone le ho provate, però, alla fine del 1992, quando un prolungato sciopero dei lavoratori della distribuzione dei Monopoli di Stato lasciò per quasi due mesi le tabaccherie a secco. Sulle prime passammo tutti a quelle di contrabbando, ma presto scoprimmo che molte arrivavano da Grecia e Turchia e avevano un sapore più amaro rispetto a quelle italiane, a volte disgustoso. Io smisi di fumare per oltre un mese, grazie alla mia capacità di non risentirne, anche perché il prezzo era salito dalle 3.500 lire circa a pacchetto fino a 10mila. Una sera, però, tornando a casa, vidi un banchetto ad un angolo di Piazza Municipio, sul cartone promozionale si leggeva: “Marlboro americane 10mila L”. Inchiodai, chiesi informazioni, mi fu assicurato che si trattava di pacchetti usciti dalla Nato, ed infatti avevano il marchio Usa sul bollino azzurro scuro. Erano sigarette più corte delle nostre, le comprai malgrado il prezzo eccessivo. Ne accesi subito una: la sigaretta più buona che abbia mai fumato, cioccolata pura.

Humphrey Bogart nei panni di Sam Spade

Chi fuma può capire che ci sono alcune sigarette che non si possono dimenticare perché sono un mezzo per comunicare con il mondo. In effetti, il fumo è l’unica cosa che, dopo essere stata dentro di me, riesce a volare. Sarà per questo che la principale fabbrica dei sogni, il cinema, non può farne a meno.

Di Clint Eastwood Sergio Leone disse che aveva due espressioni: una con il sigaro e una senza. Ma c’è di peggio: cosa sarebbe, ad esempio, il cinema noir senza le “bionde”? Soprattutto nei film in bianco e nero, quelle volute di fumo che salgono a fatica verso il cielo dalle labbra di cinici investigatori o donne fatali, con spirali che sembrano sculture al tempo stesso soffici e pesantissime, sono insostituibili. Diciamoci la verità: Humprey Bogart, senza sigarette, non sarebbe stato nessuno. E il fascino di sua moglie Lauren Bacall era amplificato dalla morbidezza con la quale gestiva quelle sigarette tra le labbra o tra le dita. Un atteggiamento completamente diverso da quello di Marlene Dietrich, che le maneggiava in maniera spiccia e disinvolta.

In quei film in bianco e nero, il fumo era azzurrino e le braci rosse come le labbra delle dive

In quei film in bianco e nero, le sigarette erano colore: anche se la pellicola non ne restava impressionata, per gli spettatori il fumo era azzurrino e le braci rosse come le labbra delle dive che lasciavano il segno.

Quindi, confermo: fumare fa malissimo e chi non ha ancora smesso, lo faccia subito. Anche se vi assicuro, in certe occasioni, niente, ma proprio niente è meglio di una bionda.

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