Diego e Gigino. La vera storia de “La mano de Dios”

Diego viene da Lanus, Gigi dalla Sanità.

Otto fratelli Diego, otto fratelli Gigino.

Diego tra Lanus e Paternal fa il mago coi palloni, nelle strade e poi nelle scuole calcio, principale attrattiva del luogo; Gigino abita affianco al Museo Nazionale, che ha l’entrata libera e ci va con le sorelle.

A 15 anni Diego già nella morsa della macchina del calcio, passione e dominio; a 15 anni Gigino si barcamena tra più mestieri, lontani da quelli della comunicazione. Ogni tanto trascrive col fratello le commedie per Eduardo.

A 15 anni Diego si prepara ad entrare con l’Argentina nel tunnel del regime totalitario, a 15 anni Gigino ancora non si è ripreso dal postguerra che ha stremato il popolo del sud.

Per entrambi la famiglia è una responsabilità.

Diego, appena gli è possibile, esprime le sue idee di sinistra; Gigino è figlio di comunista sovversivo, ed anche se il papà, quando ha lo stipendio, pensa prima al partito che alla famiglia, anche lui è di sinistra.

A 15 anni sono magri. Tutti e due.

Nessuno dei due ha troppa scelta, ma talento sì.

A Diego piacciono le donne. A Gigino pure, ed è qualche fidanzata che inizia a chiamarlo Luigi.

Quando Diego e Luigi si incontrano a Napoli forse si riconoscono e, come riferiscono i più, si sono simpatici.

Diego ha 23 anni, Luigi 50. È il 1984.

Diego è l’astro del calcio che un Presidente scaltro riesce a strappare al Barca, il giocatore che ogni squadra vorrebbe, è genio e “quasi” sregolatezza; Luigi è giornalista RAI, si sta laureando all’Orientale, gli ha sparato la camorra, ed è sulle tracce del tesoro di Priamo.

Si preparano a vivere le più entusiasmanti vicende calcistiche che città terremotata abbia mai vissuto, 7 anni di rinascita partenopea, di cui il calcio è la punta dell’iceberg.

Con l’istituzione della seconda rete RAI molti giornalisti si spostano lì, pensando di avere maggiori opportunità, e Gigino, rimasto solo alla uno, prende il treno, quello di Novantesimo minuto.

Luigi segue Diego. Brevi sketch nelle interviste, presenze condivise in programmi sportivi, Gigino tifa anche quando non dovrebbe. Diego qualche volta gli dà qualche intervista preferenziale, e anche se è lui che è il Campione, è lui che si concede, fa intravedere una certa stima. Con quel giornalista garantista, che non aizza ma smorza gli animi, si diverte.

Luigi Necco con Diego Armando Maradona

Scudetto ’87, Coppa Italia ’87, Coppa Uefa ’89, Scudetto ’90, Supercoppa ’90.

Ma prima, prima che il Napoli conquisti lo scudetto, succede qualcosa di inusitato.

È il 1986, ci sono i Mondiali in Messico. Diego conduce la sua Argentina, non proprio favorita, Luigi va al seguito dell’Italia, campione in carica, contento soprattutto di vedere l’archeologia dei luoghi.

L’Italia non ce la fa, la squadra lo capisce al pareggio con l’Argentina.

Mentre il 12 giugno allo stadio Azteca a Città del Messico ai quarti di finale «Maradona tira fuori dal cilindro due tra i più controversi e assurdi gol della storia del calcio» (Dario Saltari).

Luigi è là, con i suoi colleghi, e riesce a raggiungere Diego e glielo chiede, e prima di chiedere ha cercato le parole, ha cercato come parlare dell’indicibile, di un goal che esce dalle regole del gioco di cui gli arbitri non si sono accorti, ha pochi istanti, come sempre, ma gli vengono in soccorso i suoi studi di storia russa e tedesca, ripercorre mentalmente la sua passione, l’Odissea, e forse è proprio questo che lo aiuta perché per spiegare l’inspiegabile c’è solo il fato, che pertiene al divino: «La mano de Dios o la cabeza de Maradona?» Diego sorride e risponde: «Las dos».

Mondiali 1986, dopo la partita Argentina-Inghilterra, il giornalista Luigi Necco chiede: «La mano de dios o la cabeza de Maradona?» Diego risponde: «Las Dos»

«Una battuta geniale, che non doveva suscitare incidenti diplomatici» scrive l’amico Antonio Corbo, testimone in Messico.

A Gigino per questa frase lo intervistano le tv sudamericane. Diego va a vincere il mondiale con l’Argentina.

Diego va oltre la diplomazia e nella sua autobiografia scrive che con quel 2-1 era stato «come riprendersi parte delle Malvinas» dopo che «tanti ragazzi argentini erano stati falciati come uccellini dagli inglesi» nel conflitto del 1982. Dichiarazioni con esiti devastanti sulle già martoriate Falkland, che subiscono attualmente un embargo economico dall’Argentina e che solo poche settimane fa hanno sminato la baia di Yorke (Lisa Watson).

Luigi e Diego nell’86 non lo sanno, continuano ad essere trainati dai loro animi pieni dei desideri di ragazzi. Di successo, di giustizia sociale, di amicizia. Una fame che non si sazia e che diventa reale.

E Luigi e Diego diventano grossi e grassi.

E non si curano tanto della loro salute.

Hanno cercato di pensare agli altri al meglio delle loro possibilità.

Luigi muore solo. Diego muore solo.

Chissà cosa ha chiesto a Diego quando è arrivato.