UNO, il disco fuori tempo dei Gatti distratti… dalla propria luce

Una band che si chiama Gatti Distratti dalla Luce negli Occhi mira, già dal nome, a non essere collocata nel proprio tempo. Correvano gli anni Novanta, a Napoli c’era la Pantera, i centri sociali, la posse, gli Almamegretta e molti altri gruppi.

Due ragazzi di Portici, che si vedevano giù alla Riccia, si confrontavano sulla musica che avevano ascoltato da piccoli quando i loro fratelli maggiori, con i capelli lunghi, mettevano sullo stereo dei dischi strani, grandi come una pizza, che suonavano in contrasto con le canzonette che si sentivano in giro.

Quei due ragazzi, Davide Munno e Massimo D’Avanzo (porticesi ’e vascio ’a Riccia), mentre discutevano suonavano a voce i riff dei King Crimson, gli assoli dei Pink Floyd, gli stacchi del geniale Copeland dei Police. I due avevano un’urgenza: fare una band. Dall’altra parte della città, a metà tra il Vomero e Soccavo, i fratelli Della Monica (Davide e Cristiano) erano cresciuti a pane e Beatles insieme all’amico d’infanzia Mario Capomazza.

La fusione tra le due componenti vulcaniche (vesuviana e flegrea), avvenne quasi per caso. Capomazza conosceva Ettore De Lorenzo (sì proprio lui, il giornalista Rai, all’epoca giovane studente di Portici) che invitò Munno e D’avanzo al concerto del gruppo dei fratelli Della Monica (Haeven can wait), dove Mario Capomazza suonava il basso. Con un colpo di fulmine cominciò la storia dei Gatti.

In primo piano, Davide Munno. Alle spalle, da sinistra, Cristiano e Davide Della Monica

Fondamentale si rivelò la scelta di prendere uno spazio dove fare musica, a Bagnoli, nel quartiere operaio, nell’epoca della dismissione dell’Italsider, un quartiere che, trasformandosi, iniziava a perdere la sua identità. Il luogo si trasformò in un laboratorio di vivace scambio tra diverse realtà musicali. Vi si svolgevano prove, registrazioni, e soprattutto momenti di confronto tra diverse sensibilità.

Lì i Gatti Distratti muovevano i primi passi facendosi le ossa come tecnici del suono e produttori artistici, realizzando provini e dischi, assistendo in sala prove i musicisti, sia giovanissimi che affermati professionisti (tra cui Gragnaniello, Buonocore, De Piscopo), e dedicandosi alle proprie creazioni nella stanza accanto. Lo spazio nei suoi ultimi tempi diventò una condivisione permanente con gruppi come Bisca/99posse, Von Masoch, Nodomo, Bala Perdida, con evidenti conseguenze fatte di collaborazioni e reciproche invasioni di campo molto stimolanti. Nel frattempo Fabio Piras sostituiva Mario Capomazza introducendo le sonorità del basso a cinque corde.

Il sound che maturava nei Gatti era diverso. Una miscela di rock, progressive rivisitato, melodie d’ispirazione anglosassone, sofisticata ricerca di atmosfere dilatate, attraverso una meticolosa cura dei suoni (intesa anche come possibilità tecnologica) con testi esistenzialmente pregnanti, a tratti enigmatici, frutto, per la maggior parte, del talento di Davide Munno, compositore vulcanico e paroliere ispirato.

La band cominciò a lavorare dal vivo in eventi che vedevano una crescente partecipazione di pubblico. I Gatti stupivano anche nell’uso della tecnologia applicata alla musica. Nel live i componenti della band uscivano di scena, uno alla volta, facendo l’inchino, ma il riff musicale che stavano eseguendo continuava a suonare, nonostante lo strumento fosse stato riposto.

Era l’uso disinvolto del jam-man, un effetto che prolungava il ciclo continuo (loop) che poi loro interrompevano, di colpo, una volta usciti. I ragazzi, dopo il live, si affollavano nel retro del palco per chiedere come fosse stata possibile quella magia (all’epoca il jam-man non era molto diffuso).

I Gatti vincono Anagrumba, Arezzo Wave e Rock Targato Italia ma si sciolgono prima di riuscire a produrre un disco

Da lì parte l’ascesa: i Gatti vincono prestigiosi contest (Anagrumba, Arezzo Wave, Rock Targato Italia) e fanno concerti su e giù per lo stivale. Poi nel momento che prelude al grande passo (disco e produzione) i Gatti si sciolgono, abbagliati dalla luce negli occhi che loro stessi avevano cercato. Ognuno seguirà altre strade artistiche, anche significative, ma in tutti c’è sempre il peso di un percorso che si è interrotto senza lasciare traccia.

Nel 2004 cominciano i primi contatti per la ri-unione del gruppo. I ragazzi non sono più ragazzi ma musicisti maturi che lavorano al progetto del loro primo album. Il disco viene sempre ideato ma mai realizzato; ma si sa, fare un album non è come costruire un palazzo, siamo nell’ambito dell’agire non razionale, dove il tempo oggettivo non ha significato e domina solo il tempo interiore.

La morte di Davide Munno, nel 2016, getta tutti nello sconforto. Il dolore detta un imperativo: il disco progettato si dovrà fare, Davide Munno dovrà continuare a parlarci, anche nelle sue canzoni.

Cover del disco Uno

UNO è il primo e unico album della band napoletana. Un omaggio a Davide Munno, morto prematuramente nel 2016, da parte degli altri componenti del gruppo e di tanti amici dei Gatti

Ed eccolo UNO primo e unico album dei Gatti Distratti dalla Luce negli Occhi. Dodici canzoni che, come si legge nelle note di introduzione al disco, «testimoniano la grande capacità compositiva ed artistica di Davide Munno che ha lasciato questo tesoro» a cui i fratelli Della Monica hanno «cercato di dare bellezza e giustizia pur partendo da registrazioni effettuate in tempi e spazi distanti fra loro».

Lunga la lista dei musicisti che hanno collaborato (oltre al nucleo dei Gatti nelle sue diverse formazioni): Ginevra Di Marco, Ale Innaro, Marco Di Palo, Lino Cannavacciuolo, Osvaldo Costabile, Pino Chillemi, Gaetano Munno e altri. Tutti i brani sono composti da Davide Munno e arrangiati e prodotti da Davide e Cristiano Della Monica e pubblicati dall’etichetta toscana “Il Funambolo” e distribuiti anche sulle principali piattaforme da Audioglobe/The Orchard.

Un disco da ascoltare e riascoltare perché è la sintesi matura di un gruppo che, rispetto agli esordi, ha saputo concentrare nella forma canzone tutte le esperienze vissute in trent’anni di musica. Stile personale che rivela la consapevolezza dei propri mezzi espressivi.

Arpeggi ossessivi di chitarra che accompagnano melodie orecchiabili ma non scontate, suoni elettronici ricercati, uso di strumenti acustici tradizionali, testi che rivelano il mondo interiore di Munno senza scivolare nel già sentito. I testi narrano di un quotidiano fatto dei suoi riti obbligatori al quale si contrappone la voglia di fuga e di completo abbandono (Domani mi regalerò un fiore), o la redenzione attraverso la luce dell’amore (Redenzione).

Un disco di questo tempo perché fuori da questo tempo.

I Gatti Distratti dalla Luce negli Occhi